Referendum diaria parlamentari: più di 1 milione e trecentomila firme
Ponenteoggi.it nel mese di luglio aveva proposto ai lettori un approfondimento sul referendum, soffermandosi in particolar modo sul “petitum”, cioè sull’oggetto della richiesta di abrogazione.
1.305.639 persone hanno firmato la proposta di referendum abrogativo dell’art. 2 legge 1261 del 1965, vale a dire sulla riduzione della diaria e dei rimborsi ai parlamentari.
Il comitato promotore, l’Unione Popolare, sul proprio sito internet scrive: “1.305.639 è un numero che racchiude un forte segnale politico. Ancora una volta Unione Popolare è dalla parte della gente. UP ha interpretato alla grande un desiderio primario dei cittadini. Un desiderio forte e già palese ma ora, col conforto numerico, diventato incontrovertibile. Un risultato che dimostra in modo nitido il profondo solco creatosi tra classe politica e popolo. Un pieno dissenso dei cittadini tutti, che non si sentono più rappresentati dagli attuali politici” (http://www.unionepopolare.eu/component/content/article/290-e-stato-un-successo.html).
Le firme, come prevede la legge, dovranno essere depositate, controllate e certificate dall’Ufficio Elezioni e Referendum della Suprema Corte di Cassazione. Diversi dubbi, sull’arco temporale per lo svolgimento del referendum, rimangono. Da quanto si apprende, sembra che l’Up voglia depositare le firme nel mese di gennaio 2013, tale che il referendum possa svolgersi nel 2014. Il busillis risiede infatti nella legge n.352 del 1970 “Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sull’iniziativa legislativa del popolo”, secondo la quale, articoli 31, 28 e 34, commi 2-3, alla mano affermano:
Articolo 31: “Non può essere depositata richiesta di referendum nell'anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l'elezione di una delle Camere medesime.”
Articolo 28: “Salvo il disposto dell'articolo 31, il deposito presso la cancelleria della Corte di cassazione di tutti i fogli contenenti le firme e dei certificati elettorali dei sottoscrittori deve essere effettuato entro tre mesi dalla data del timbro apposto sui fogli medesimi a norma dell'articolo 7, ultimo comma. Tale deposito deve essere effettuato da almeno tre dei promotori, i quali dichiarano al cancelliere il numero delle firme che appoggiano la richiesta.
Articolo 34: “Nel caso di anticipato scioglimento delle Camere o di una di esse il referendum già indetto si intende automaticamente sospeso all'atto della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica di indizione dei comizi elettorali per la elezione delle nuove Camere o di una di esse. I termini del procedimento per il referendum riprendono a decorrere a datare dal 365° giorno successivo alla data della elezione.”
La voce di autorevoli costituzionalisti e la stringente formulazione costituzionale renderebbe carta straccia le firme, aprendo, in questo modo, altri dubbi sull’arco temporale nel quale indire il referendum, qualora si andasse alle elezioni nazionali anticipate. Senza dubbio, la spada di Damocle sulla tenuta dell’Esecutivo Monti e sulle possibile elezioni anticipate, ha un peso per nulla modesto, ma, ad oggi, ciò non significa che il referendum non venga indetto (nonostante permanga l’obbligo, di presentazione delle firme, da parte del comitato promotore del referendum, entro tre mesi dalla fine della raccolta). Ancora una volta il Parlamento Italiano avrà tra le mani una questione molto importante, una responsabilità non da poco, una richiesta, che in un momento di crisi dei partiti, nel quale incalza anche la bufera dell’antipolitica, un milione, trecentocinquemila, seicentotrentanove mila persone hanno fatto intendere, senza troppi giri di parole.