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06.12.2012 - Stefano Fantino

Operazione "La Svolta", un blitz in grande stile

La mafia nel Ponente ligure: ecco un interessante approfondimento del collega ventimigliese Stefano Fantino, collaboratore del mensile on - line Narcomafie.it che offre un'ampia e accurata panoramica di quello che è accaduto nelle "stanze" frequentate da Marcianò e "compari".

Spostare pacchetti di voti, imporre i nomi dei candidati alle elezioni, sia d’area di centrodestra, sia di area di centrosinistra. La mafia calabrese a Ventimiglia e nel Ponente ligure potrebbe essere giunta al suo punto di “svolta”, come suggerisce il nome stesso dell’inchiesta della Dda di Genova che ha colpito in queste ore il Ponente Ligure. Quell’estremo lembo di terra che forse vedrà prima o poi confermata anche in tribunale l’azione della ‘ndrangheta, la malversazione della politica, gli intrecci eccellenti con l’economia locale. Il tutto dopo aver passato per decenni di ignoranza, decenni di sordità agli allarmi di quanti sottolineavano il terreno fertile rappresentato da quella terra per la mafia calabrese; dopo i roghi continui e gli scioglimenti dei consigli comunali, due, nel recentissimo passato. Ora si potrebbe dare un ulteriore sostegno al pilastro di chi i problemi di una presenza capillare della mafia nel territorio ligure li ha sempre denunciati. Parla chiaro l’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere 11 persone e che vede indagati altri 17 soggetti. Sarebbe il già noto Giuseppe Marcianò il capo del locale di Ventimiglia, Con lui in manette il figlio Vincenzo e il nipote, omonimo di quest’ultimo, Omar Allavena, Giuseppe Gallotta, Antonio Palamara, Giuseppe Scarfò, Annunziato Roldi, Federico Paraschiva, Salvatore Trinchera, Giuseppe Cosentino, tutti accusati di associazione a delinquere di tipo mafioso finalizzato all’usura, all’estorsione e al traffico di droga. Notificata l’ordinanza di custodia cautelare anche a Filippo Spirlì, Rosario Ambesi e ai due fratelli Pellegrino, Maurizio e Roberto. Nomi già noti in parte alle cronache giudiziarie.

Ma a fare scalpore sono i nomi degli indagati: oltre a due consiglieri regionali nel mirino della procura antimafia di Genova l’ex sindaco di Ventimiglia Scullino, l’ex direttore generale dello stesso comune Marco Prestileo, l’ex sindaco di Bordighera Giovanni Bosio e l’attuale sindaco di Vallecrosia Armando Biasi. Alle loro spalle l’ombra lunghe delle ‘ndrine capaci, secondo gli inquirenti, di portare a buon fine una serie di ingerenze, il periodo è quello che va dal 2008 al 2010, nelle competizioni elettorali. Insomma a Ventimiglia, Bordighera, Vallecrosia, le ‘ndrine avevano i loro cavalli vincenti e anche quando perdevano, riuscivano lo stesso a cadere in piedi. Proprio Peppino Marcianò in una telefonata a un affiliato afferma: ォVedi che abbiamo fatto bene a puntare su […] Ma se vince […] siamo coperti pureサ. Due anni di indagini, partite da quei sintomi che poi portarono agli scioglimenti amministrativi di Bordighera e Ventimiglia, ora disegnano la mappa di un Ponente in cui le ‘ndrine avevano la capacità di garantirsi una “amministrazione amica” per entrare da padroni nella macchina pubblica.

Un blitz in grande stile

L’ultimo tsunami sulla ‘ndrangheta dell’estremo Ponente arriva con il movimento vorticoso delle pale di un elicottero. Un atterraggio in grande stile nel centro della piazza del Comune di Ventimiglia, centinaia di carabinieri sguinzagliati dalla Distrettuale Antimafia di Genova, quasi duecento, impegnati ad ammanettare, perquisire. Suggellata da un lavoro di equipe con la procura di Reggio Calabria si abbatte durissima sull’imperiese “la Svolta” e mai come in questo caso il nome fu tanto esplicativo e indicativo per un’operazione della Distrettuale Antimafia. Ancora inebetito dal doppio scioglimento dei consigli comunali di Bordighera e Ventimiglia, proprio per infiltrazioni mafiose, ecco ora lo step successivo, l’operazione che nelle intenzioni della procura mira il “locale di Ventimiglia” nella sua stessa essenza: il rapporto con la politica. Associazione a delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio: queste le accuse, durissime, che danno corpo a due anni di lavoro dei magistrati. E che, soprattutto, danno consistenza giudiziaria ai procedimenti amministrativi, già pesanti, che hanno portato all’abdicazione dei due consigli comunali ponentini. A finire nel mirino della Dia una trentina di persone, undici arrestati in un’operazione all’alba, anche usura ed estorsione nel ventaglio di accuse della Procura, e diciassette indagati. Il gotha politico del circondario intemelio: perquisite le abitazioni di Gaetano Scullino, ex sindaco di Ventimiglia e dell’ex general manager del Comune di frontiera, Marco Prestileo. Su di loro la procura indagherebbe per concorso esterno in associazione mafiosa. Pochi chilometri e tra Bordighera e Vallecrosia, nel mirino altri due amministratori: l’ex sindaco bordigotto Bosio, perquisita anche la sua abitazione, e Armando Biasi, sindaco di Vallecrosia, accusati di voto di scambio.

L’ordinanza, oltre 500 pagine, parla di una cosca resasi fortemente indipendente pur mantenendo i legami con le cosche Piromalli, Alvaro e Pelle, un indipendenza conquistata sul capo: a guidare il gruppo alcune “vecchie conoscenze” come Giuseppe Marciano’ e Antonio Palamara, fedelissimi dei Piromalli e altrettanti calabresi gia’ conosciuti agli inquirenti reggini e liguri come Maurizio e Roberto Pellegrino, Giuseppe Gallotta, Omar Allavena e Annunziato Roldi.

Ventimiglia, l’eterno ritorno di Marcianò

Non ha perso l’abitudine di offrire cene il compare Peppino Marcianò. Già nei primissimi anni ’80 il suo nome è noto come quello del sensale che organizza banchetti per le visite nell’estremo Ponente di Alberto Teardo, enfant terrible del Partito Socialista, che da presidente della Regione fu al centro di una intricata, e pioneristica se vogliamo, inchiesta giudiziaria che vedeva corruzione, massoneria e ‘ndrine a giocare sullo stesso tavolo. Si parla di trent’anni fa. Ora poco è cambiato. Marcianò assicurava cene elettorali nel suo ristorante di Ventimiglia e, dopo la cessione dell’attività, aveva trasferito nella sua casa il suo quartier generale. Era a lui che si rivolgeva la politica, secondo gli inquirenti,in periodo di campagna elettorale al punto che oltre a organizzare cene e incontri, Marcianò e i suoi “collaboratori” provvedevano anche alla formazione delle liste inserendo i propri uomini.

E sempre dalla base di Marcianò, nei mesi scorsi, si muovevano anche le attività illecite del gruppo. Era quello il luogo preferito dai reggenti delle ‘ndrine ventimigliesi per discutere e accordarsi. Antonio Palamara e Giuseppe Marcianò, si incontrano nel bar “Le Volte”, gestito dalla moglie di Marcianò. A tenere banco, in una giornata di fine novembre del 2010, è la notizia dell’agguato a colpi di fucile che due uomini, il geometra Ettore Castellana e Nunzio Roldi (questi arrestato oggi), hanno compiuto ai danni di Piergiorgio Parodi, costruttore imperiese impegnato nei lavori per il porto di Ventimiglia. I dubbi di Marcianò riguardano le possibilità che Castellana, messo sotto torchio dalle forze dell’ordine, possa rivelare gli interessi delle cosche calabresi che stanno dietro all’attentato. “Mo gli canta tutto quello Castellana[...] domani … del fatto di qua che c’è la ‘ndrangheta che vuole entrare nell’affare qua” dice testualmente a Palamara, rivelando la presenza delle ‘ndrine dietro l’agguato. Ora scopriamo che nelle stesse basi addirittura si organizzavano le liste elettorali per le elezioni.

Non stupisce affatto che nella relazione riguardante lo scioglimento del comune di Ventimiglia si leggesse quanto segue: “La struttura criminale operante nel ponente ligure, infatti, pur avendo preso origine dalla cosca madre operante in Calabria, adottandone in toto l’organizzazione, le tradizioni ed i rituali, si e’ differenziata per connotati meno sanguinari e violenti. Nel corso degli anni, ha potuto cosi’ svilupparsi in maniera sotterranea, costruendo una ramificazione basata su complicità, legami parentali e cointeressenze. Tale situazione ha consentito di ottenere vantaggi sia come offerta di posti di lavoro, primo passo per il controllo del territorio, sia sotto forma di benefici di tipo economico mediante l’acquisizione di licenze o autorizzazioni per attività di imprese in vari settori economici, che in breve tempo hanno portato molti calabresi residenti nel ponente ligure ad arricchirsi e recitare un ruolo di primo piano nel panorama dell’economia e della politica locale”. E non stupisce nemmeno che al centro della relazione ci sia una ditta, la Marvon, collegata allo stesso Marcianò, che avrebbe avuto un trattamento di favore da parte dell’amministrazione, guidata da Tano Scullino e dal commercialista Prestileo, city manager della città intemelia, entrambi ora indagati.

Voti gestiti, ma anche timore da parte della gente: dall’indagine emerge anche il potere in città di Marcianò, in relazione all’arrivo di tre calabresi della cosca Piromalli a Ventimiglia. Marcianò nel recarsi in albergo per fissare alcune camere pretese che non venissero registrati. E la donna stessa, interrogata dai Carabinieri a riguardo, ammise di aver acconsentito perché era notorio che fosse una persona che ォera meglio non far arrabbiareサ.

La politica cerca appoggi

“Allora, cosa hai deciso, mi appoggi oppure no?”. Non sono le mafie a bussare al portone, è la politica a far partire la contrattazione: questa la convinzione degli investigatori, secondo i quali il presunto capo della cosca era solito organizzare cene elettorali nel suo ristorante. Molta attenzione nello stilare le liste elettorali facendo caso a non inserire troppi calabresi ォperche’ altrimenti – avrebbe detto, intercettato in un’ambientale – poi se ne accorgono”. Un passo che, sempre secondo gli inquirenti, rappresenterebbe un passaggio ulteriore rispetto al voto di scambio: “Di fatto non sussiste: in questo caso e’stata operata una costante ingerenza nel mondo della politica che ha portato gli indagati a costruire amministrazioni amiche”. Nei guai non solo Scullino e Prestileo, ma anche noti politici delle vicine Vallecrosia e Bordighera. A cominciare dall’ex sindaco del comune bordigotto, Giovanni Bosio, travolto al suo tempo dallo scioglimento del comune per infiltrazioni mafiose e per un trattamento favorevole alla famiglia Pellegrino, che ne avrebbe sostenuto la campagna elettorale per l’elezione. Già nel pomeriggio si e’ dimesso dalla sua carica di consigliere provinciale imperiese e di capogruppo in Provincia dello stesso partito, giustificando questa sua scelta con l’intento di evitare strumentalizzazioni che definisce ‘indegne’. Meno navigato politicamente ma ugualmente indagato il sindaco di Vallecrosia Armando Biasi che si è detto tranquillo e pronto a collaborare: “Nella dinamica del controllo che ormai da due anni c’è sul territorio per la verifica delle presenze mafiose, credo che sia opportuno e legittimo, che ci siano delle verifiche anche nel nostro Comune, visti gli arresti che ci sono stati, proprio nel territorio di mia competenza Ho totale fiducia nella Giustizia e, se fosse necessario, sono pronto anche a dimettermi, per garantire un maggiore controllo”. Giusto per la cronaca vale la pena però ricordare un episodio di quasi due anni fa: l’arresto di Michele e Alessandro Macrì, rispettivamente padre e figlio, il primo originario di Cinquefrondi (Reggio Calabria), il secondo nato a Bordighera ed entrambi residenti a Vallecrosia (Imperia). I due, trovati in possesso di armi, e ritenuti contigui ad ambienti della criminalità organizzata calabrese. avrebbe dovuto compiere un omicidio dimostrativo per salire di rango all’interno della mafia locale. Gli stessi Macrì che durante la campagna elettorale volantinavano nella loro cittadina per il candidato sindaco, poi eletto, Biasi, ora indagato dalla procura di Genova.

La rivincita dell’antimafia

Rema spesso controcorrente la piccola barca dell’antimafia ma non si può negare che il maggior grado di consapevolezza di magistrati e cittadini stia di fatto assistendo, dopo lo scioglimento dei comuni di Ventimiglia e Bordighera, a un passo storico nella lotta al temuto e famigerato locale di Ventimiglia. L’indagine “la Svolta” si innesta sulle risultanze di indagine effettuate tra il 2008 e il 2010 dalla procura di Sanremo che ha inviato alla Dda di Genova tutti gli atti relativi. Le minacce alle ditte che lavorano nel porto di Ventimiglia, i roghi, le minacce alla consigliera del Pd bordigotto Donatella Albano. Tutti passi che hanno coinvolto il Ponente, sempre più capace di guardarsi intorno e approfondire: nelle scuole, nei convegni e anche nelle iniziative di strada come quelle promosse dai giovani di Alternativa Intemelia che da mesi propongono appuntamenti pubblici in cui invitano, prima mossa di autodifesa e protezione del territorio, a informarsi sulla presenza della ‘ndrangheta a Ventimiglia e sulle nefaste vicende che riguardando lo scioglimento del comune ligure di confine. Attirando gli strali dell’ex sindaco Scullino che proprio per alcuni volantini di Alternativa Intemelia ha querelato il Massimo D’Eusebio che proprio nell’opera di diffusione pubblica della relazione sullo scioglimento di Ventimiglia aveva estrapolato alcune frasi della relazione ministeriale che parla chiaramente di frequentazioni dei politici ventimigliesi, Scullino in primis, con gli ambienti malavitosi calabresi. Contattato da Narcomafie, D’Eusebio non nasconde la soddisfazione per l’operazione odierna: “Spero che questa azione metta a parola fine a un sistema politico troppo accondiscendente con potere mafioso locale, consiglio a Scullino di ritirare la querela nei miei confronti, con quest’altra indagine penso che se la querela già prima aveva poco fondamento ora non ne ha per nulla”. Una piccola storia di resistenza e di consapevolezza, da cui tutto il Ponente dovrebbe ripartire.


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