sabato 20 aprile 2024
12.09.2013 - Donatella Lauria

Cinquanta miliardi di euro alla Rai? Interrogazione del senatore ligure Rossi

Cinquanta miliardi di euro: questa è il valore astronomico della firma della convenzione per il Servizio pubblico radiotelevisivo che si dovrà assegnare nel 2016. Lo ha fatto presente oggi il senatore ligure Maurizio Rossi di Scelta Civica per l'Italia al viceministro dello Sviluppo Economico Antonio Catricalà e all'intera Commissione nel corso dell'audizione in Vigilanza Rai.

La Rai mira a ottenere un rinnovo ventennale (2016/2036) della convenzione. Le entrate derivanti dal canone, ad oggi, ammontano a 1 miliardo e 800 milioni di euro; l'evasione è stimata in 600 milioni di euro e pertanto il valore complessivo del canone annuo è di circa 2 miliardi e mezzo, che, per 20 anni, sarebbero 50 miliardi di euro (pubblicità esclusa!).

Il senatore Rossi ha richiesto al viceministro Catricalà che non si proceda alla stipulazione di un contratto del valore di 50 miliardi di euro degli italiani senza che siano verificati moltissimi punti e senza che questa sia l'occasione per valutare il futuro dell'intero sistema d'informazione del Paese:

-innanzitutto per quale ragione la convenzione dovrebbe essere rifatta con la Rai, e non invece passare da un bando nell'interesse dei cittadini, a cui, ricorda Rossi, deve essere garantito il miglior servizio al costo inferiore;

-la determinazione di cosa sia e in cosa debba consistere il servizio pubblico e a cosa debba corrispondere il pagamento del canone.

Rossi contesta infatti come il canone non sia determinato in base al servizio effettivamente fornito ai cittadini, ma prendendo i costi della Rai e dividendoli per il numero di cittadini chiamati a pagare il canone. E' un bilancio fatto al contrario: vedo i costi e sulla base di essi tasso ogni cittadino, non esiste ad oggiAggiungi un appuntamento per oggi alcuna relazione tra quanto viene pagato e ciò che viene fornito e questo non è più accettabile a partire dal 6 maggio 2016.

Rossi fa poi riferimento al servizio radiofonico, i cui costi annuali ammontano a 118 milioni di euro (con una perdita per la Rai di 80 milioni). Se detto servizio venisse messo a bando definendo con chiarezza in cosa debba consistere il Servizio Pubblico radiofonico, si potrebbero ricevere offerte inferiori di decine di milioni di euro.

Rossi ha contestato anche l'eccessivo numero di frequenze e canali aperti dalla Rai con il digitale terrestre e ha sostenuto che una frequenza (che può contenere più canali) anziché le 5 attuali sarebbe sufficiente per offrire il servizio pubblico, con un ulteriore enorme risparmio per i cittadini.

Chi può dire che un buon servizio pubblico non potrebbe essere fornito a fronte di un canone di 50 euro invece che 113, e a fronte di un costo complessivo di 500 milioni o un miliardo invece che gravando sulle tasche dei cittadini italiani per oltre 2 miliardi e mezzo?

La scadenza del 2016 è certamente l'occasione per rivedere tutto l'assetto del sistema dell'informazione nazionale senza che un unico soggetto si avvantaggi di un aiuto di Stato come il canone, per poi vendere anche la pubblicità in concorrenza a tutto il resto del mercato della pubblicità nazionale.

Infine Rossi sostiene che non è assolutamente pensabile, visto il rapidissimo sviluppo delle tecnologie, che la nuova convenzione abbia una durata ventennale, ma che non possa superare i cinque anni.

L'obiettivo finale deve certamente essere di fornire il servizio pubblico migliore al minore costo, nell'interesse unico degli utenti ossia dei cittadini italiani.

Il viceministro Catricalà, manifestando un forte apprezzamento per l'intervento del senatore Rossi, alla luce di temi così delicati e importanti, ha precisato che fornirà una risposta scritta.

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