Bufera in Consiglio Regionale Ligure: M5S evoca la mafia, centrodestra chiede dimissioni di Giordano

Una nuova e accesa polemica ha infiammato il Consiglio Regionale della Liguria, questa volta scatenata dal consigliere del Movimento 5 Stelle, Stefano Giordano. Durante la sua relazione sull’assestamento di bilancio, Giordano ha inserito passaggi diretti su delicate inchieste giudiziarie che hanno coinvolto figure politiche regionali, come gli arresti di Toti e Spinelli, la nuova indagine sull’ex assessore genovese Sergio Gambino, e ha fatto espliciti riferimenti alla criminalità organizzata.

Le accuse di Giordano: voti anomali e “area grigia”

Il culmine della tensione è stato raggiunto quando Giordano ha dichiarato: “Il nuovo volto della mafia è la ricerca di legittimazione politica”, ricollegandosi alla maxi inchiesta per corruzione che ha portato la Regione a elezioni anticipate. Ha poi analizzato il “caso Sergio Gambino”, citando informazioni giornalistiche secondo cui gli inquirenti contesterebbero “un’illecita organizzazione del sistema di voto di scambio nelle RSA con l’imprenditore Luciano Alessi: anziani mobilitati in cambio di promesse politiche e appalti”.

Poco dopo, il consigliere pentastellato è stato ancora più diretto, senza citare fonti: “Alle ultime elezioni il sindaco di Genova Marco Bucci ha ricevuto un’anomala quantità di voti dalla provincia di Imperia. Pochi giorni dopo, la Regione finanziava abbondantemente il trasporto pubblico locale proprio in quella provincia. È una provocazione? Forse. Ma è lecito chiedersi: stiamo parlando ancora di buona amministrazione o di scambi opachi tra consenso e fondi pubblici?”. Ha menzionato anche l’ex consigliere regionale Stefano Anzalone, “indagato per corruzione elettorale nell’ambito di un’inchiesta su presunti scambi di voti”, concludendo con un’affermazione pungente: “Certi voti fanno comodo, anche se arrivano dall’area grigia”.

La proposta del M5S e la reazione del Centrodestra

La relazione di Giordano si è conclusa con una proposta concreta: “sottoporre i bilanci regionali liguri al controllo della Direzione investigativa antimafia (DIA)“. “Se la mafia si è insediata, se l’illegalità si insinua nella spesa pubblica – ha argomentato Giordano – non possiamo più limitarci ai controlli formali. Serve trasparenza reale, serve prevenzione strutturale.”

Le pesanti allusioni e le accuse esplicite non sono state tollerate dal centrodestra, che ha reagito con veemenza. L’invocazione della mafia in aula consiliare ha scatenato la richiesta unanime di dimissioni di Stefano Giordano, con l’accusa di non essere “degno del ruolo” che ricopre, gettando un’ombra grave sull’intera istituzione regionale.

La politica ligure tra inchieste e accuse: un’immagine compromessa?

La bufera scatenata dalle parole di Stefano Giordano in Consiglio Regionale mette in luce una tensione profonda e pericolosa all’interno della politica ligure. Quando un consigliere regionale evoca direttamente la mafia e suggerisce “scambi opachi” tra voti e fondi pubblici in un contesto istituzionale, si crea un clima di sospetto diffuso che rischia di compromettere la fiducia dei cittadini nella classe politica. Indipendentemente dalla fondatezza delle accuse di Giordano, la scelta di utilizzare termini così forti in un’aula istituzionale – dopo peraltro un precedente caso di scuse – indica una strategia comunicativa che mira a colpire duramente, ma che al contempo rischia di delegittimare l’intero sistema.

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